IUS-LEX-CORPUS: CORPUS MYSTICUM

Riccardo Pozzo[1]

RIASSUNTO: Sfruttando gli ingenti materiali a disposizione degli studiosi dal 1964 negli archivi, nelle banche dati, nei dizionari e nei lessici d’autore dell’ILIESI-CNR, il contributo considera una serie di momenti nella storia del pensiero, dalla politeía antica al cosmopolitismo moderno, che mettono in risalto le implicazioni filosofiche presenti nella polisemia del trinomio lex-ius-corpus.

PAROLE CHIAVE: Storia dei concetti. Storia delle idee. Storia della terminologia di cultura. Storia intellettuale. Diritto. Legge. Corpo.

1.  STORIa dELLa TERMInOLOgIa dI CULTURa, dEI COnCETTI E dELLE IdEE

Che cosa debba essere la storia della filosofia nel ventunesimo secolo è l’argomento di un recente volume di Pirmin Stekeler-Weithofer (2006), che ha sottolineato come l’essenziale storicità della disciplina consista nel costante rinnovarsi delle domande filosofiche sulle quali lavora e i metodi. L’autore distingue la storia delle idee, che si pone rispetto alla storia del pensiero con l’obiettivo di un’attenta ricostruzione di argomenti filosofici come sono stati messi agli atti nei secoli. Una risposta alla domanda su quali siano le specifiche modalità della storiografia filosofica in quanto genere letterario la si trova nei sette volumi della Storia delle storie generali della filosofia (SANTINELLO; PIAIA 1981). In ogni caso, la storia della filosofia non può avere più nulla a che vedere con il tentativo di sistematizzazione del sapere filosofico di un’epoca in relazione alle precedenti proposto da Hegel. E proprio nella varietà e molteplicità degli approcci alla storia della filosofia che si può vedere una direzione per metter capo a delle ricerche innovative di storia della filosofia la si vede proprio nella complementarietà che lega le ricostruzioni della storia personale dei filosofi nel contesto delle loro regioni, istituzioni e dell’opinione pubblica loro contemporanea.

Secondo l’approccio rigorosamente semasiologico alla storia delle idee che caratterizza da cinquant’anni le ricerche condotte presso l’Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ILIESI-CNR), questo contributo si occupa – a titolo di esempio – del trinomio ius-lex-corpus. I numerosi lavori portati a compimento dai ricercatori dell’ILIESI-CNR hanno contribuito in modo decisivo al rinnovamento delle metodologie legate all’analisi lessicale dei testi. Fermo restando il principio della centralità del testo, oggi la base documentale si è diversificata in una serie di prodotti ipertestuali. La missione dell’istituto consiste nello svolgere attività di ricerca e produzione di studi e testi critici, banche dati terminologiche, spogli lessicali, concordanze e lessici d’autore o di un’epoca. Nella sua attività cinquantennale, l’ILIESI-CNR è stato promotore e curatore di indici e lessici di autori cruciali della filosofia moderna: da Bacon a Descartes, da Leibniz a Kant, così come di lessici terminologico-concettuali dedicati a più autori, come per esempio il Lessico filosofico della Frühaufklärung (WILLE, 1991) e il primo volume dell’Enciclopedia Bruniana e Campanelliana (CANONE, 2006). L’obiettivo principale, appunto, è proporre nuovi modelli per la storia intellettuale, la storia della terminologia di cultura, la storia dei concetti e dei problemi con particolare riferimento alle storie della filosofia e della scienza, discipline nelle quali l’Italia oggi presenta risultati d’eccellenza. Va ricordato, infine, che nella sua attuale configurazione l’ILIESI è il risultato dell’evoluzione di una struttura che iniziò la sua attività nel 1964, come gruppo di ricerca del CNR. Divenuto centro di studio nel 1970 con la denominazione di Lessico Intellettuale Europeo, nel 2001 acquisì lo statuto di istituto del CNR attraverso l’unificazione con il Centro di Studio del Pensiero Antico (fondato da Gabriele Giannantoni nel 1979), assumendo la denominazione attuale. Pur avendo modificato nel tempo configurazione giuridica e struttura amministrativa, l’ILIESI-CNR ha mantenuto un profilo metodologico e culturale coerente con l’impostazione delineata cinquant’anni fa dal suo fondatore Tullio Gregory.

2.  PRObLEMa

Questo contributo si occupa del ruolo svolto dalla legge in quanto corpo mistico. Aristotele (1831) contrapponeva ai cittadini della polis gli schiavi per natura, che capiscono la ragione, ma non hanno la legge e non conoscono il diritto (Politica 1252b5-1256a35). Il diritto romano dichiarava tutti gli uomini liberi e uguali secondo lo ius naturale (νόμος φυσικὸς), ma ammetteva che alcuni di loro siano schiavi secondo lo ius gentium e lo ius positivum (νόμος πολιτικὸς, νόμος ἐθνικὸς). Inclusiva è la dignità dell’uomo, dovuta alla lux intellectus e poiché ciò vale per tutti gli uomini, tutti sono uguali per natura. Esclusiva è la cittadinanza, dovuta all’appartenenza al corpo mistico della legge. L’area culturale è greco-latina, occidentale. Fin dall’antichità, dunque, la tradizione filosofica ha elaborato modelli inclusivi fondati sull’universalità della ragione o su modelli antropologici di carattere generale, esponendosi con ciò al rischio di rinchiudersi, proprio in virtù di questa stessa tendenza, in una logica identitaria e totalitaria, e di rovesciarsi così in una in un discorso votato alla soppressione, all’inglobamento o alla dimenticanza di ciò che è differente o altro (STURLESE, 2013).

3.  CORPUS IURIS

Corpo in greco è σϖμα, opposto alla ψυχή (RITTER; GRÜNDER, 1972, v. 5, p. 175). I giuristi che nel sesto secolo realizzarono il Corpus Iuris Civilis Iustinianaeum (1901) erano grecoparlanti. Infatti, i Digesta vennero promulgati da Giustiniano il 16 dicembre 533 con la costituzione bilingue latino-greca Constitutio Tanta ovvero Δέδωκεν. E benché il Corpus Iuris fosse in latino nella sua maggiore parte, la stessa costituzione bilingue con la quale entrò il 30 dicembre 533 entrò in vigore ammetteva traduzioni, parafrasi e indici in greco (Tanta 21). Ius e lex rinviano al fatto che c’è un unico diritto, ma una pluralità di leggi e di lingue per esprimerlo. Nel caso sopra citato della Constitutio Tanta, dunque, un unico diritto, ma una dualità di lingue – il greco e il latino – dalle quali si avrà successivamente la più estesa pluralità delle traduzioni dei Digesta nelle lingue vernacolari: δíκη, ϑέμις, νόμος, ius-lex, droit, loi, law, diritto, legge, Recht, Gesetz (RITTER; GRÜNDER, 1972, v. 3, p. 480; v. 8, p. 221). Ma si tratta di una struttura istituzionale non priva di problemi e pericoli di ambiguità (SCHIPANI, 2005, p. vii).

In latino, il diritto è “ars boni et aequi”, o con altro tipo di definizione, il diritto che “constat” dalle leggi, plebisciti, senatoconsulti, costituzioni del principe, editto del pretore, pareri dei giuristi, consuetudine. La legge, invece, è “quod populus iubet atque constituit”. In greco, il termine νόμος viene portato a includere le due diverse condizioni d’uso (SCHIPANI, 2005).

Di nuovo, un solo unico diritto, un’unica giustizia, ma tante parole in tante lingue per esprimere l’uno e l’altra. La proposizione mentale viene rivestita di parole. In Über eine Entdeckung, Kant (1900, v. 8, p. 193sg.) obiettava che: “Die Logiker thun nicht recht daran, daß sie einen Satz durch ein mit Worten ausgedrucktes Urtheil definieren; denn wir müssen auch zu Urtheilen, die wir nicht für Sätze ausgeben, in Gedanken der Worte bedienen”. Ma Kant reagiva a una tendenza consolidata: “there was a general tendency in the seventeenth and eighteenth century to employ such words as iudicium, jugement, Urteil for the mental act of judging and the thoughtcontent associated with it, and on the other hand, such words as enunciatio, propositio, Satz for the spoken or declarative sentence by which a judgement is expressed” (NUCHELMANS, 1983, p. 254). Insomma, “The noun Satz was felt to be connected with the verb setzen in the Greek sense of tithénai or the Latin verbs proponere, enuntiare, statuere” (NUCHELMANS, 1983, p. 238). Lex è dunque la statuizione di ius, una stringa di parole che esprime un concetto. Quel che conta è la posizione, da qui la legge come diritto positivo. Del resto, i giuristi grecoparlanti dell’età di Giustiniano traducevano sia ius che lex il termine greco νόμος, ma erano consapevoli che il termine sarebbe stato inteso usato secondo due condizioni d’uso diverse, tanto che in testi ove si sarebbe creata una insostenibile confusione usavano anche il latino lex inserito nel testo in greco. Alessandro Schipani (2005, p. viii) ricorda che di Giuliano si scriveva fosse “legum et edicti perpetui suptilissimus conditor”, dove certamente con leges si intendeva che fu autore di pareri giuridici autorevoli in quanto egli stesso fu fra coloro “quibus permissum est iura condere” e non di leggi (Tanta 18); oppure dei giuristi della Commissione di codificazione era scritto che “ea volumina perlegerunt, ex quibus leges positae sunt”, da intendere: “hanno letto fino in fondo quei libri dai quali è posto il diritto” (Tanta 17). Da questo modo di usare il termine latino lex deriva in effetti una certa ambiguità, che si accentua ad esempio quando i giuristi all’espressione iuris scientia sostituiscono legum scientia (SCHIPANI, 2005, p. viii).

4.  CORPUS MYSTICUM

Uno dei più corposi, resistenti significati di νόμος è quello introdotto in relazione all’Antico Testamento e al Nuovo Testamento (BIBBIA, 2008), il quale, passando poi nel latino lex concorre a testimoniare un uso di lex non conforme a quello tecnico dei giuristi, anche se si limitasse il significato di lex a quello di statuizione (GUTBROD, 1942; SCHIPANI, 2005, p. ix).

Il Nuovo Testamento si distingue dall’Antico Testamento per una maggiore distanza dalla lettera della legge. San Paolo è chiarissimo: lo spirito scrive nei cuori dei fedeli e questo conta molto di più di tutto ciò che è scritto su papiro o pietra: “È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori” (Seconda lettera ai Corinzi cap. 3, 3). Con corpus mysticum si indica l’unità sacramentale della Chiesa di Cristo, i cui fedeli credono, appunto, “in unam sanctam Ecclesiam” (RITTER; GRÜNDER, 1972, v. 1, p. 1036).

Il sintagma corpus mysticum viene associato nelle discussioni sulla proprietà intellettuale a corpus mechanicum per indicare la distinzione tra il libro in quanto portatore di un contenuto spirituale e il libro in quanto oggetto cartaceo inchiostrato (POZZO, 2006). Kant usa corpus mysticum in un’accezione che è in verità più politica che ecclesiologica; e usa il sintagma opus mechanicum per indicare il libro in quanto oggetto materiale portatore di una forma spirituale (KANT, 1900, v. 6, p. 290). Kant parla solo due volte di corpus mysticum. La prima, nella Kritik der reinen Vernunft (B 836), quando descrive una comunità morale e civile definita dall’accettazione di una legge, così che sarebbe la volontà generale, non la fede, a costituire un “corpus mysticum degli esseri ragionevoli, in quanto il loro arbitrio, sotto leggi morali, ha in sé una completa unità sistematica con se stesso, come con la libertà di un altro” (KANT, 1900, v. 3, p. 525.8). La seconda, nella Metaphysik der Sitten, definendo corpus mysticum la nobiltà ereditaria in quanto si basa sull’accettazione dei diritti di successione (KANT, 1900, v. 6, p. 367.18). Vediamo una tensione storica tra spirito e cultura. Kant si interroga sul concetto di respublica come corpus commune.

La fonte immediata di questi passi kantiani è evidentemente il § 742 della Metaphysica di Baumgarten (2010, p. 398), che recita “Totum spirituum est (persona moralis) CORPUS MYSTICUM. Anima intellectualis est spiritus […]. Anima humana est substantia […]. Ergo monas, spiritus”. Ma la si trova anche sub voce nel Grosses vollständiges Universallexikon di Johann Heinrich Zedler (1732):

Corpus mysticum morale Civile, weil sie das Gesetz vor eine Person halten, Collegium Universitas, Gemeind etc. dazu viel gehören, die aber alle unter einem Namen verstanden werden. Andere machen einen Unterschied unter Collegium und Corpus, daß jenes von so vielen Personen, dieses von vielen Collegiis verstanden werden.

5.  COnCLUSIOnE

Ci troviamo davanti a due passi kantiani e a due fonti che andrebbero problematizzate per via della disponibilità di Kant all’intera latitudo del sintagma corpus mysticum. Oggi la filosofia riflette sul carattere storicamente determinato dei modelli e delle strategie di inclusione ed esclusione e propone alle scienze sociali e alla politica un approccio specificamente filosofico – intensivo e non estensivo, rispettoso delle differenze e non omologante – alla questione dell’universalismo. Proprio per aver sempre fatto storicamente esperienza dell’ambiguità che inerisce a ogni processo di universalizzazione, la filosofia appare ancora pienamente legittimata a prendere la parola contro la violenza e i meccanismi di esclusione in atto nella nostra realtà (STURLESE, 2013). Certo è, in ogni caso, che la metafora evangelica che nella persona del Cristo indica il corpo della Chiesa investe in maniera rilevante l’importante discorso sul lavoro storico-filosofico aperto da Gregorio Piaia (2013).

In conclusione, non basta che un libro di uno studioso italiano di storia della filosofia sia un buon libro di storia della filosofia. Deve essere anche fondato su una solida indagine lessicale e storica. Oggi il materiale per le ricerche lo mettono a disposizione le infrastrutture per le scienze umane, come la Digital Research Infrastructure for the Arts and the Humanities (www.dariah. eu), la Common Language Resources and Technology Infrastructure (www.clarin. eu), e lo Integrated Project for the European Research Infrastructure ON Cultural Heritage (www.iperion-ch.eu). Aspettiamo con ansia le dissertazioni e i volumi che ne faranno uso. Non a caso, fu il volume di Piaia (2002) sulla diffusione europea delle dottrine della Scuola di Padova ad aprire la strada al lavoro di Marco Sgarbi (2013) sulla presenza del lessico aristotelico in Gran Bretagna, a sua volta la condizione per il primo starting grant dello European Research Council affidato a uno storico della filosofia, Aristotle in the Italian Vernacular: Rethinking Renaissance and Early-Modern Intellectual History (c. 1400–c. 1650).

ABSTRACT: On the basis of the archives, databases, dictionaries, and authorial lexica, which ILIESICNR has been offering to scholars since 1964, the paper considers a series of moments in the history of thought from ancient politeía to modern cosmopolitism. These moments point out the philosophical implications inherent in the polysemy of the trinomium ius-lex-corpus.

KEYWORDS: Conceptual History. History of ideas. History of cultural terminology. Intellectual history. Right. Law. Corpus.

bIbLIOgRafIa

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[1] Contributo prodotto nell’ambito del PRIN2012 “L’universalismo e i suoi limiti”, unità di ricerca Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Dipartimento Scienze Umane e Sociale. Patrimonio Culturale do Consiglio Nazionale delle Ricerche. riccardo.pozzo@cnr.it