L'EREDITÀ CLASSICA DELLA CATEGORIA LUKÀCSIANA  DEL LAVORO NEL PENSIERO DELL'ULTIMO LUKACS 

Antonino INFRANCA[1] 

 

# RIASSUNTO: Interessato in esaminate il rapporto tra Lukacs e la filosofia classica, questo saggio vuole mostrare che il filosofo ungherese (1885-1971) ha trovato nella categoria del lavoro una sintesi tra soggetto e oggetto, restando così in condizioni di riproporre alcune delle questioni fondamentali della filosofia: il ruolo del filosofo nella societ, il rapporto tra filosofia e politica, la definizione di una nuova etica. Dimenticate dalla filosofia contemporanea, queste questioni sono tornate oggi al centro del dibattito filosofico, spingendo i filosofi a riflettere sul fondamento dello stesso pensiero e della realta storica che essi vivono. Ed è alla luce di esse che il saggio pretende interpretare la categoria lukàcsiana del lavoro. 

= PAROLE-CHIAVI: Filosofia classica; categoria del lavoro; soggetto e oggetto; politica; etica 

In questo saggio vorrei mostrare che la categoria del lavoro, che Lukacs descrive  compiutamente soprattutto nell'Ontologia dell ‘essere sociale, ripropone nel panorama  della filosofia contemporanea il rapporto con le radici classiche del pensiero filosofico.  Lukacs ha trovato nella categoria del lavoro 1'ultima soluzione ad un problema che  egliaveva cominciato a porsi fin dalle primissime opere: ilrapporto soggetto-oggetto,  che essendo esso stesso un problema antico della filosofia classica ha richiesto una  soluzione a sua volta ‘‘classica”. Allo stesso tempo, aver ricercato una sintesi tra  soggetto e oggetto nella categoria dilavoro rappresenta anche la proposizione di nuove  questioni che, dimenticate dalla filosofia contemporanea, sono tornate al centro  dell'attenzione dei filosofi, i qualiritornano periodicamente ad un modo *‘classico’" di  fare filosofia. Il ruolo del filosofo nella societa contemporanea e, quindi, il rapporto  aporetico tra filosofia e politica, oppure la definizione di una nuova etica sono questioni  fondamentali della filosofia a partire dai greci fino ad oggi. Sono questioni che spingono  continuamente i filosofi a riflettere sul fondamento dello stesso pensiero e della realta  storica che essi vivono. 

In questo saggio non ho intenzione di affrontare queste questioni, ma di  interpretare la categoria del lavoro di Lukàcs alla luce di esse, considerando questa  categoria como parte integrante di una tradizione filosofica che per molti versi si  identifica con la filosofia stessa. Utilizzero, pertanto, i canoni storiografici della filosofia  classica come elementi ermeneutici del pensiero dell'ultimo Lukacs, cercando di fare  emergere il valore teoretico di alcune sue conclusioni. Interpretare Lukacs alla stessa  stregua di un filosofo classico, come sono Aristoteles o Hegel, Platone o Kant è un  modo per capirlo; per capire soprattutto che si tratta di un pensiero ‘“‘forte”.  Naturalmente si tratta di un nano che si è issato sulle spalle di giganti; i giganti  rimangono gli altri filosofi, ma nel periodo della dissoluzione delle ideologie, &  opportuno ricordarsi che nessun ideologo pud issarsi sulle spalle dei filosofi; ma  soltanto un filosofo è capace di farlo. Adesso si puo rileggere Lukacs, cosi come viene  fatto per altri pensatori ‘‘maledetti’’ come Heidegger o Gentile, più liberamente, senza  lapauradi doverli etichettare o didover iscrivere la propria lettura in presistenti schemi  ideologici. Si è finalmente capito che gli ideologi, di qualsiasi segno essi siano, sono  sempre “‘deboli”’, o meglio producono ‘falsa coscienza”. E' tempo per ritornare ad  interpretare la parola ideologia nel suo significato originario: logos dell’eidos, cioé di  un discorso sulle idee, sui concetti. 1l mio proposito è proprio quello di tentare un  primo approccio del genere con un filosofo che è stato interpretato innanzitutto come  un ideologo e per riuscire in questo proposito è opportuno restituire al Logos e all'Eidos  tutto il loro senso originario. Può apparire strano o paradossale che Lukacs si presti  ad un tal tentativo, ma chi fa ‘filosofia alla maniera di Aristotele o Hegel'[2] o chi sa  apprezzare un tal genere di filosofia non è più un ideologo, ma un filosofo, forse un  nano sulle spalle di giganti. 

Entrando subito in argomento, vorrei precisare che considero il lavoro in Lukacs  come una ‘‘categoria” piuttosto che un concetto. Non si tratta di una questione oziosa,  anzi permette di affrontare il tema di questo saggio: il rapporto tra Lukacs e la filosofia  classica. In termini generali è possible definire ‘‘categoria’’ la concezione lukacsiana  del lavoro, ma in termini storici non è legittimo. Parlare di categorie implica un  riferimento ai tradizionali significati di ‘“'categoria’ nella storia della filosofia, ma il  lavoro in Lukacs esula fondamentalmente da questi significati. Infatti, il lavoro non è  una categoria logica, ma una categoria della realta, cio é un‘attivita pratica che è  capace di determinare 1'essere. In tal senso il significato hegeliano di “‘categoria” è  ribaltato, nella più corretta tradizione del pensiero marxista. 

Il lavoro &, però, anche organon, strumento, perché esso permette “il passaggio  nell'uomo che lavora dall’essere meramente biologico a quello sociale”.[3] In quanto  tale il lavoro è strumento di fondazione storica dell’essere, perché estrinseca delle qualità di questo essere in forme nuove e originali. Il lavoro è l'attività attraverso la  quale non soltanto viene ad essere un oggetto, ma anche il soggetto che lavora assume  una nuova determinazione d’essere. Questo potere di trasformazione ontologica della  categoria lukàcsiana del lavoro ne fa una sorta di principio, nel senso classico  dell'’Anfang e al tempo stesso, della proposizione fondamentale, Grundsatz. 

Il lavoro è, allora, una sorta di punto prospettico dal quale Lukacs può partire  per comprendere e definire tutte le altre forme di prassi umana. Lukacs definisce  goetheanamente il lavoro come ‘‘fenomeno originario”, Urphanomen, e modello,  Modell, dell'essere sociale. “'Fenomeno” perché nellavoro sono presentiin nuce tutte  le determinazioni che costituiscono 'essenza di quanto nell’essere sociale & nuovo' .[4] 

“Modello’" perché il lavoro è un porre teleologico e in quanto tale esso è anche una  struttura logica, finalizzata alla realizzazione di qualcosa. Questa forma logica può  essere usata in contesti diversi da quelli originari, ma mantiene inalterata la sua  struttura finalistica: il lavoro è attivita produttiva cosi come lo è anche il pensiero. Cosi  tra agire pratico e agire teorico c'è la stessa struttura logica, per la quale viene  all’essere un oggetto nuovo, prima non configurabile sotto quella forma, sia esso un  oggetto concreto sia esso un oggetto di pensiero. 

Non si potrebbe però non notare una contraddizione in termini nella definizione  lukacsiana del lavoro, espressa nell'Ontologia in forma teoreticamente piu compiuta,  se si intendesse 1'espressione ‘‘fenomeno’’ nel senso della contrapposizione ad un  essere che non appare e rimane tutto chiuso in se stesso. In realt,a il lavoro, come cio  che originariamente appare, proprio perché è esso stesso ‘‘modello”, è fondamento  ed essenza. In questo senso il lavoro è fenomeno al modo platonico dell’eidos, come  idea, come ciò che è originariamente il più luminoso ed evidente agli occhi della mente.  E anche sulla traccia della metafora goetheana, profundamente operante nel  laboratorio concettuale lukacsiano, non sarebbe sbagliato intendere il lavoro come  Urphanomen, in quanto ‘forma originaria”. Forma in greco è morphé e anche eidos  e ancora una volta in platone l'eidos è la forma originaria del pensiero e, allo stesso  tempo, l’essenza delle cose. 

In questo senso platonico Lukacs utilizza il lavoro. Infatti, la struttura teleologica  del lavoro, la sua triadicita tra scopo posto, indagine sui mezzi e scopo realizzato &  riproposta da Lukacs come struttura di ogni forma di prassi umana e di attivita mentale  dell'uomo. Lo stesso pensiero sisviluppa utilizzando questa struttura e quindila forma  del pensiero, il suo modello, è la struttura teleologica del lavoro. 

Lukacs afferma che questa struttura teleologica è ripresa dalla Scienza della  logica di Hegel. Lo schema della teleologia hegeliana è immodificabile nel tempo dal  punto di vista della struttura generale, ma si sviluppa temporalmente nella sucessione  dei singoli momenti. La stessa immodificabilita è riproposta da Lukacs nella struttura  teleologica del lavoro e tale immodificabilita rivela la ricerca di leggi eterne dell'agire  umano. Il lavoro è inteso come principio dell'essere sociale in un duplice significato.  Innanzitutto il lavoro è il momento in cui l'uomo si è fatto uomo, anche storicamente:  nel lavoro l’uomo ha potuto manifestare una propria caratteristica che lo differenzia  assolutamente dagli animali, anche nei confronti degli animali capaci di lavorare, cioè,  il possesso dello strumento anche dopo l’esecuzione dell’atto lavorativo, dopo che lo  scopo mediante lo strumento è pervenuto alla sua realizzazione. Proprio attorno alla  proprieta dei mezzi di produzione si incrociano, in base alla dottrina del materialismo  storico, gli avvenimenti della storia. Il lavoro svolge la funzione di inizio dello sviluppo  dell'umanita e, allo stesso tempo, di motore di questo sviluppo. A questo punto si  potrebbero ripetere le parole di Hegel, tratte dal ‘Cominciamento’ della Logica: ‘Il  principio ha da essere anche cominciamento, e quello che è il Prius per il pensiero,  ha da essere anche il Primo nell’andamento del pensiero’.[5] Proprio dal  “‘Cominciamento”, oltre che dalla “‘Teleologia”, deriva il carattere del lavoro come  modello di ogni forma di prassi umana. Già Hegel in altre opere aveva colto questa  funzione del lavoro, ma soltanto Marx aveva saputo valutarla in tutta la sua profondita  teoretica. Lukacs è costretto a ripetere tale operazione neltentativo di fornire una base  teoretica a cio che gli interessava maggiormente: la rinascita del marxismo dopo i 

danni dello stalinismo. Ma per assolvere a questo compito di rifondazione del  marxismo è necessario per Lukacs retrocedere rispetto a Marx e confrontarsi  soprattutto con Hegel, cioé tornare ad abitare quello spazio teoretico che sta tra Hegel  e Marx. Spazio che, lasciato vuoto, è stato occupato dalla dittatura stalinista, che ha  tentato una cesura rigida tra Hegel e Marx, cesura che Lukacs nel Il giovane Hegel  dimostra essere assolutamente arbitraria. 

Per Lukacs il Marxismo del Novecento è ancora fermo sulle posizioni di Lenin e  da allora no vi è stato un significativo sviluppo teorico nella direzione gia aperta da  Marx, cio é quella dell’approfondimento critico e rovesciante della filosofia hegeliana.  Essa ha rappresentato il primo momento nella storia della filosofia in cui l'essere umano  è stato considerato come autocreantesi. Marx ha rovesciato il sistema hegeliano  rintracciando 1'essere nel pensiero e, allo stesso tempo, rifiutando la critica  feuerbachiana di Hegel, perché incapace di porre un'interrelazione ontologica fra  singoli uomini e genere umano.[6] Lenin stava continuando il compito marxiano di  revisione critica della filosofia borghese a partire da Hegel, allorquando la lotta politica  lo spinse alla realizzazione di quanto finora aveva posto in teoria. L'interruzione della  ricerca è stata protratta dallo stalinismo. I vecchio Lukacs sosteneva: ‘‘Ho detto che  il marxismo come teoria generale della societa ha in effetti subito un'interruzione. Si  è fermato. Si puo dire che il marxismo concepito, secondo che va concepito, come  teoria generale della societa e della storia non c'è piu, è finito da tempo. Per questa  ragione c'è, e ci sara ancora per parecchio tempo, lo stalinismo. Si sono dette sullo  stalinismo molte sciocchezze. Ma le cose sono in verita piuttosto semplici. Tutte le  volte che si mette la pratica davanti, e magari contro la teoria, si fa dello stalinismo. Lo stalinismo non è solo un'interpretazione erronea e una difettosa applicazione del  marxismo. Ne è in realtà la negazione”.[7] Quindi la continuazione dell'opera di Marx  non rappresenta soltanto un’ulteriore presa di posizione nei confronti della filosofia  borghese, cosa per altro compiuta da Lukacs ne La distruzione della ragione, ma anche  la riacquisizione di uno spazio per la teoria che lo stalinismo aveva sempre negato,  anteponendole la tattica politica. 

Tutto ciò non appaia in contrasto con la originaria tradizione marxista. E inutile  ricordare il debito che Marx ha nei confronti della filosofia classica. Anzi ammirata in  Lukacs la capacita di riproporre questa eredita del marxismo in un'epoca (fine anni  Sessanta), in cui era sconveniente considerare il marxismo l'erede della filosofia  classica. Anzi, Lukacs rinnova una tradizione marxista che vuole presentarsi come la  continuazione della filosofia classica, una tradizione che ha un momento importante in Storia e coscienza di classe. Ma tornando a confrontarsi con Hegel e con tutta la  storia della filosofia, Lukacs rinnova anche una forma di ricerca che è caratteristica  delle piu notevoli opere della storia della filosofia. Nicolas Tertulian ha cosi, definito  l'ultima opera di Lukacs: ‘‘Lukacs intendeva mettere in valore sia la tradizione della  Metafisica di Aristotele sia quella della Logica di Hegel per erigere la propria ontologia.  La sua opera, percio, voleva essere simultaneamente una 'metafisica’ e una ‘critica’,  della ragione storica”.[8] Non si può, infatti, tralasciare di definire ‘metafisica’ un'opera  che ha per titolo Ontologia dell'essere sociale. Lukacs doveva avere presente il  significato delle prime righe del IV libro della Metafisica di Aristotele: “C’é una scienza  che studia l'essere-in-quanto-essere e le proprieta che gli sono inerenti per la sua  stessa natura’”.[9] La drasticita della frase di Aristotele diventa categorica per Lukacs,  che sapeva bene che la tradizione classica della filosofia è la filosofia stessa, quando  nelle Conversazioni afferma che c’è “'solo una scienza unitaria della storia che va  dall'astronomia alla cosiddetta sociologia”.[10] Il senso di questa frase è la  riconsiderazione della filosofia come metafisica, come scienza del fondamento  dell'essere. Soltanto la comprensione del fondamento dell'essere ci permette la  definizione delle leggi che regolano lo sviluppo della storia. Da questo punto di vista  Lukacs riprende il significato kantiano di metafisica: ‘“Se intorno a un oggetto  qualunque esiste una filosofia (ossia un sistema di conoscenze razionali derivate da  concetti), deve per questa filosofia esservi pure un sistema di concetti razionali puri,  indipendenti da ogni condizione empirica, cioé una metafisica”.[11] La presenza di  un'eredita classica nella categoria del lavoro non deve sorprendere, perché lo stesso  Lukacs riconosce il debito verso autori come Aristotele o Hegel: “‘Non sorprende per  nulla, quindi, che pensatori grandi, o fortemente interessati all'essere sociale, come  Aristotele o Hegel, abbiano afferrato con tutta chiarezza il carattere teleologico del lavoro, tanto che le loro analisi strutturali richiedono solo qualche completamento e  nessuna correzione di fondo per conservare anche oggi validita”.[12] 

A questo punto è doveroso porsi una domanda: cosa spinge Lukàcs a confrontarsi  e rinnovare la tradizione metafisica? Una prima risposta è stata già fornita: impedire  le mistificazioni staliniste. Una seconda è stata finora fornita implicitamente:la filosofia  classica offre a Lukàcs strumenti di analisi teoretica assolutamente irrinunciabili per  una rifondazione del marxismo, irrinunciabili per tre motivi fondamentali: il primo per  ilrigore del metodo di analisi, che rende impossibili le arbitrarie conclusioni e la pretesa  novità dell'ortodossia stalinista rispetto alla passata filosofia. Il secondo è che lo stesso  Marxaveva tratto il suo metodo dallo studio della dialettica hegeliana. 1l terzo perché  la metafisica classica fornisce elementi per la definizione di regole eterne [fiir ewig  per citare Gramsci] dello svolgimento storico, dello vivere quotidiano e dell'agire  morale. 

Lukacs, infatti, nel suo tornare a Hegel, ripropone I'impossibile soluzione del  rapporto ‘‘sistema-metodo” in Hegel. Bisogna chiedersi quali siano le consequenze  di unaripresa dell'impianto categoriale della Logica hegeliana riguardo alla questione  della Teleologia. Innanzitutto & opportuno chiedersi cosa significa la “‘Teleologia”  nell'impianto della Logica di Hegel? Dentro la dottrina del *‘Concetto”, essa è il punto  di passagio dal “‘oggettivita”’ all “Idea’. Nella categoria lukacsiana del lavoro troviamo  giustamente il contrario, cioè il passagio dall'idea all'oggettivita. Dico ‘‘giustamente’’,  perché in un certo senso è come se Lukacs seguisse qui, implicitamente, la ben nota  proposta di “rovesciamento’ della dialettica hegeliana suggerita da Marx sia nei  ‘Manoscritti economico-filosofici, ma anche in una famosa nota de I] Capitale: *‘qui,  come nelle scienze naturali, si rivela la validita della legge scoperta da Hegel nella sua  Logica, che mutamenti puramente quantitativi si risolvono ad un certo punto in  differenze qualitative”.[13] Come sappiamo nella Logica di Hegel la “‘Qualita’” precede  la “Quantita” e, quindi, Marx ci suggerisce una lettura rovesciata anche delle  categorie logiche hegeliane. Ma Lukacs va ben oltre la lettura di Marx: ‘‘Il fondamento  ontologico-strutturale — egli afferma — è costituito dalle posizioni teleologiche e dalle  serie causali che esse mettono in moto’’.[14] Quindi la teleologia sarebbe  hegelianamente il vero e proprio nucleo teoretico del lavoro. Ed è proprio qui che si  può comprendere cosa è la categoria di lavoro nell'Ontologia di Lukacs: essa prende  il posto dello svolgimento dell'ldea, è esattamente il passagio all'oggettivita. E il  soggetto che trapassa nell'oggetto. 

Si badi bene non si tratta di un trans-ducere, che lascia immutati i due elementi  in questione, il soggetto e l'oggetto, ma di un educere, di un portare fuori da entrambi:  il soggetto estrinseca la propria idea nella realta, 'oggetto reale riceve una forma in  base alle proprie leggi naturali e all'idea del soggetto. Dall'Erziehung si passa alla Bildung. Giustamente Lukàcs osserva che nella Metafisica di Aristotele sono presenti  quei momenti categoriali che possono formire il fondamento teoretico del lavoro: “‘Le  alternative concrete del lavoro implicano in ultima analisi, sia nella determinazione  del fine che nell’esecusione, sempre una scelta fra giusto e sbagliato. In ciò sta loro  valenza ontologica, il loro potere di transformare ogni volta in una situazione concreta  la dynamis aristotelica”.[15] È proprio ciò che avviene nella teleologia lukàcsiana, cioè  il passagio dalla potenza all’atto, dal soggetto all’oggetto e parimenti dall’oggetto al  soggetto. 

La nuova forma che l’oggetto riceverebbe durante il processo lavorativo si  concretizza nell'assunzione di un valore da parte sua: un oggetto comincia ad avere  un valore che non è piu soltanto d'uso, ma anche di scambio. 1l valore rappresenta il  risultato del processo produttivo e quindi il momento attorno al quale si instaurano i  rapporti sociali, se da valore d'uso si trasforma in valore di scambio. Inoltre il valore  è l'apparenza dietro la quale si nasconde 1'oggetto. Tutto ciò implica un rapporto con  il soggetto, sopratutto col bisogno del soggetto, che quell'oggetto deve soddisfare.  Lukacs sostiene che “‘come il dover-essere in quanto fattore determinante della prassi  soggettiva nel processo del lavoro puo svolgere questa funzione specifica solo perché  quello a cui mira ha valore per 1'uomo, cosi il valore non potrebbe tradursi in realta in  tale processo se non fosse in grado di porre nell'uomo che lavora il dover-essere della  sua realizzazione come criterio della prassi'’.[16] Il valore pone, in quanto dover-essere,  un'obbligatorieta di comportamenti all'interno del processo produttivo. Il valore svolge  il ruolo del regolatore del processo produttivo. Ciò è possibile perché nel valore sono  contenuti, sotto forma di dover-essere, tutti i momenti della teleologia lukacsiana: lo  scopo, I'indagine sui mezzi per realizzare lo scopo e, infine, lo scopo realizzato, cioè  il risultato del processo lavorativo. Nel lavoro 1'oggetto riceve una nuova forma,  un'eidos che prima non possedeva, ma questa nuova forma è anche il segno  dell'alienazione del soggetto nell’'oggetto. Ho usato il termine greco eidos per indicare  più chiaramente 'alienarsi dell'idea del soggetto nellarealta, che è poi la riproposizione  dello schema hegeliano, pur privo però del momento finale del Geist, dello spirito.  Infatti per Lukacs non è lo spirito ad alienarsi, bensi è 1'idea del soggetto che lavora  a oggettivarsi, quindi a trapassare nella realta, assumendo una forma concreta.  L'idealismo hegeliano è pur sempre assunto da Lukacs, ma in forma limitada e  rovesciata. 

Questa lettura rovesciante della dialettica hegeliana fu appresa da Lukacs dalla  lettura dei Manoscritti economico-filosofici di Marx. Ne Il giovane Hegel, Lukacs  riconosce che sul problema dell‘alienazione, che sorge durante il processo lavorativo,  si ““innesta il grande confronto del giovane Marx col problema filosofico centrale di  Hegel. Questa discussione è uno dei momenti principali del rovesciamento della  dialettica idealistica in una dialettica materialistica, della critica dell'idealismo  hegeliano e insieme dell'assunzione dell'eredita dialettica da parte della nuova scienza  del materialismo dialetico”.[17] 

In tal modo Lukacs, da un canto, rispetta la tradizione classica della filosofia e,  dall'altro, applica il rovesciamento marxiano della Logica hegeliana e della dialettica  hegeliana in generale. 1l lavoro, però, è usato da Lukacs come paradigma di un più  generale rapporto con la filosofia hegeliana. Non si tratta, infatti, di rovesciare singoli  aspetti del pensiero hegeliano, inteso per altro come il punto piu alto della filosofia  classica, ma di enucleare da esso i concetti fondamentali per una nuovarielaborazione  del marxismo. Il lavoro diviene, allora, la categoria ermeneutica per questa  enucleazione e per ilrovesciamento marxista della dialettica hegeliana: all'alienazione  dello spirito nella realta è contrapposta 1'obiettivazione dello scopo soggettivo nella  realta naturale. 

Il lavoro è anche la categoria ermeneutica che Lukacs utiliza nella lettura delle  opere hegeliane. Leggendo gli appunti tuttora inediti e conservati presso il Lukacs  Archivum di Budapest, che riguardano l'analisi che Lukacs condusse sulla  Fenomenologia dello spirito negli anni Trenta,[18] si può avere la conferma di quanto  fosse importante per lui il paradigma del lavoro nell'interpretazione della dialettica  hegeliana. Studiando la categoria dell ‘“Utilità’’ nella sezione dello “‘Spirito”, Lukacs  annota lapidariamente: ‘‘lamerce!” e sul margine del foglio: ‘‘metafisica della merce”. Ma quale sia stata l'attenzione di Lukacs nell'applicare il rovesciamento di Marx, &  cosa che si pud cogliere da altre osservazioni. A proposito del paragrafo hegeliano  della creazione del mondo nella sezione della ‘“Religione’’, Lukacs annota: ‘‘Dunque  per Hegel la creazione del mondo è una mitologica espressione per l'alienazione dello  spinto”, e a margine delle righe hegeliane, in cui si afferma: “‘L’esserci immediato si tramuta nel pensiero”’, Lukacs annota: ““Con ciò il lavoro caratteristico: l’animalita”[19]  Per Lukacs la direzione del tramutarsi dell'essere nel pensiero è soltanto quella che  definisce la esfera dell'animalita, la sfera originale dell'umano emerge nella direzione  del tramutarsi del pensiero nell'essere. Ma Lukacs non esclude che in Hegel possa  esservi anche questo, quando in quegli appunti si chiede a proposito dello stoicismo  e del suo passaggio allo scetticismo: “differente concetto di lavoro?” 

Non è questa la sede per stabilire sein Hegel vi sia o meno un duplice concetto  di lavoro, ma è certo che questa duplicita è nello stesso Lukacs. Non dimentichiamo  che I'autore dell'Ontologia è lo estesso di Storia e coscienza di classe, cio é dell’opera  che, se non ha fondato una ‘’metafisica della merce”, ha però ricostruito le tappe di  una ‘“‘fenomenologia della merce’, del fenomeno sotto il quale appaiono il prodotto  del processo lavorativo e il valore. Grazie all'intepretazione di Marx, Lukacs riconosce  che anche in Hegel “la dialettica del lavoro, dell'attività umana, della prassi sociale in generale, è inquadrata nella dialetica del rapporto di merce e subordinata ad esso’’.[20] Quindi se proviamo a leggere Storia e coscienza di classe a partire dall'Ontologia, essa  ci appare come una sorta di ‘‘fenomenologia del lavoro” e dunque rappresenta una  tappa assolutamente necessaria per 1'approccio ontologico della vecchiaia. Lo stesso  Lukacs non manca di evidenziare in Storia e coscienza di classe ‘‘la presenza di molti  passi che offrono lo spunto ad una presentazione delle categorie dialettiche nel loro  movimento e nella loro oggettivita reale ed ontologica, e che quindi rinviano ad  un’ontologia autenticamente materialistica dell'essere sociale’’[21] Sappiamo bene che  un'ontologia priva di una fenomenologia non è facilmente ipotizzabile, almeno  secondo i canoni della tradizione classica della filosofia. Giocando di paragoni, si può  affermare che cosi come Hegel ha scritto la Fenomenologia dello spirito prima di  approdare alla Scienza della Logica, Lukacs ha potuto iniziare a definire una nuova  ontologia dell'essere sociale, proprio in base all'analisi di Storia e coscienza di classe  e anche della sua stessa revisione autocritica.[22]

L’attenzione di Lukacs ai problemi conessi alla categoria del lavoro è diretta,  come ho mostrato, anche al metodo dialettico. Non va dimenticato che proprio sul  metodo in Storia e coscienza di classe, Lukacs fondava il rispetto dell'ortodossia  marxista: ‘‘Per ciò che concerne il marxismo, 1'ortodossia si riferisce esclusivamente  al metodo’’.[23] Ancora sul metodo, il Lukacs non ancora marxista rintracciava una sorta  di metafisica intrinseca al marxismo: “Il fatto che il materialismo storico, il metodo  sociologico finora più significativo, si sia quasi sempre transformato in metafisica  storico-filosofica, non deve far dimenticare il valore, che fa epoca, e di cui,  semplicemente, fino ad oggi non abbiamo avuto un'elaborazione chiara''[24]  Evidentemente, il Lukacs del 1915 non poteva sapere quanto fosse idealistico ciò che  affermava, almeno nel senso gentiliano del termine. Ma le parole di Lukacs sono il  sintomo di qualcosa di più profondo, cioé della consapevolezza che per affrontare certi  problemi teoretici è necessario condurli oltre il piano della realta concreta, cio è meta ta phisika

Quell'esigenza giovanile di una rifondazione della metafisica è veramente  scomparsa dal panorama filosofico di Lukacs? Il giovane Lukacs interpretava il  rapporto tra socialismo e metafisica alla maniera di Thomas Mann, che sosteneva che  il “contrasto di metafisica e socialismo, inteso come empio, sconsacrato, materialista  ... non è più ammissibile’'?[25] 

Soltanto l'adesione al marxismo chiarisce a Lukacs in quale campo tentare  l’estrema sintesi, il campo della storia, dello svolgimento dello spirito umano. Ma  questa sintesi non è la definizione di un nuovo soggetto della storia, bensì è la ricerca  del fondamento d’essere del soggetto storico, cioè l’essere sociale. L'Ontologia si  presenta, dunque, come la conclusione di un processo, ma essa nel progetto originario  di Lukacs avrebbe dovuto essere un'Etica e quindi l’etica sarebbe seguita all'Estetica,  cioè sarebbero stati ribaltati tutti i canoni della sistematica filosofica. Lavorando alla  sua Etica, Lukacs si rende conto che è necessario definire prima il soggetto dell'etica  e poi i fondamenti del suo comportamento morale. In una lettera inedita a Frank  Benseler del 22.1.1965, Lukacs scrive che ha cambiato il progetto originario e adesso  lavora ad un’ontologia e aggiunge: ‘‘non prima di essa posso avvicinarmi ad una vera  Etica.[26] I canoni della sistematica filosofica finiscono per prevalere, anche se  l'Ontologia segue pur sempre l'Estetica. 

Ma se Lukacs avesse definito un’etica marxista, senza aver prima indicato a  quale soggetto 'etica siriferiva, la sua concezione avrebbe avuto un’'unica soluzione:  quella di essere interpretata come un'etica classista, cioè un’etica del proletariato.  Questa definizione si sarebbe offerta come un ulteriore strumento per una  contrapposizione frontale fra un’etica del proletariato e un'etica della borghesia.  Lukacs sarebbe ricaduto nell’errore, tipico dello stalinismo, di procedere mediante  contraddizioni, che non si devono superare in una sintesi, piutosto si devono  cristallizzare in contrapposizioni eterne. 

L'essere sociale, di cui parla Lukacs, è universale, perché è fondato su una  categoria che è universale a sua volta il lavoro. Questo nuovo soggetto sociale, in  quanto universale, non è piu caratterizzabile classisticamente: non esiste un essere  sociale borghese o proletario, perché non esiste un atto lavorativo borghese o  proletario, se inteso nella sua purezza categoriale. Allo stesso modo, l'etica lukacsiana  nata dall'Ontologia e della quale rimangono soltanto gli appunti preparatori,[27] è  un’etica come quella kantiana categorica e universale, essendo anch’essa fondata da  una categoria universale come il lavoro. Lukacs non manca di sottolineare  I'indispensabile rapporto con Kant per chi voglia tentare la definizione di una nuova  etica: ‘“Nella disposizione morale come tale è presente, da un lato, un'intenzione di  universalita — questo suo carattere è stato elaborato teoricamente nel modo piu efficace  da Kant -, e poiché la tendenza a trascendere la particolarita immediata del soggetto  deve restare tuttavia nell'ambito della disposizione interiore della soggettivita, & chiaro  che l'intenzione deve mirare, con maggiore o minore chiarezza, a cio che in esse &  conforme al genere umano."[28]

In tal modo Lukàcs può superare tutte le divisioni sociali per approdare ad un  In-dividuum, che in quanto tale è universale. Per far ciò Lukàcs non tende a un  superamento nel progresso storico delle divisioni sociali, come un marxismo volgare  vorrebbe fare, il quale è capace di definirsi soltanto se può definire il proprio contrario,  il suo nemico di classe, e, quindi, procede soltanto per divisioni. Lukàcs ad autentico  filosofo libera piuttosto il fondamento da tutte queste incrostazioni e ne recupera il  carattere universale, rinnovando in tal modo la tradizione metafisica della filosofia.  Questa metafisica di segno marxista è anche un'altemativa alle metafisiche di segno  differente, che caratterizzano la filosofia del Novecento. Non soltanto essa è  un'alternativa alle ontologie come quella di Hartmann o alla metafisica dello  spiritualismo cristiano, ma anche alle critiche alla stessa metafisica. Cosi come Hegel  fu una risposta al criticismo kantiano, si potrebbe intendere 1'Ontologia di Lukacs come  una risposta alla critica heideggeriana alla metafisica. E' un pensiero che va nella  direzione della ricerca del fondamento, pur se da una prospettiva sui generis. È,  dunque, un pensiero forte. 

D'altronde chi ha paura della storia, in tutte le sue accezioni, può cercare un  rifugio effimero nel proprio ambito specialistico, mentre chi vuole definire i fondamenti  dell’essere accetta il carattere privilegiato del confronto con la storia. Si tratta di  restituire senso al pensare filosofico, di sopportare il pathos del pensiero, per rendere  possibile un con-sentire, un com-patire, che significa vivere il proprio tempo storico,  la propria vita quotidiana. La metafisica è stata spesso per i filosofi lo spazio teorico,  nel quale ritirarsi quando la storia diventa uno spazio pericoloso da abitare. Cosi è  stato per Platone con Dionigi il Vecchio, per Aristotele con Alessandro, per Campanella  con la Chiesa controriformistica, per Hegel con lo Stato assolutista prussiano e anche  per lo stesso Lukacs con lo stalinismo. In questi casi, pero, è il filosofo ad errare fuori  dai suoi luoghi naturali, fuori dal suo spazio teorico, per tentare l'avventura della  trasformazione della realta storica secondo progetti metafisici. Molti filosofi, come  Platone o il Lukacs del 1956, sono stati affetti da quella che definisco una ‘“‘sindrome  platonica”, cioè dal desiderio, al limite del morboso, di essere i novelli demiurghi della  realta.[29] L'esperienza storica, in questi casi spesso disastrosa, se non addirittura  tragica, lascia il segno. Lo stesso Lukacs, dopo il 1956, non è lo stesso filosofo ottimista  e carico di certezze che prima di quelle vicende. In una lettera inedita dell'8.6.1957 a  Cesare Cases, cioè al ritorno dalla deportazione in Romania, Lukacs ribadisce con  forza, ma anche con notevoli modifiche in rispetto al passato, quali possono essere i  compiti del filosofo per l'avvenire: ‘’Non creda che mi accinga ad una coloritura del  bello con tali considerazioni, a una capitolazione davanti alla realtà, come era qualche  volta il caso della “riconciliazone con la realta” del tardo Hegel. Si tratta piuttosto del  mantenimento della prospettiva. Si ricordera forse del mio discorso su questo tema all'ultimo congresso degli scrittori tedeschi lo scorso anno. Dissi allora che la  prospettiva sarebbe senza realtà, ma è allo stesso tempo una realtà in devenire. Essa  è contemporaneamente reale e non reale. Anche se si resta legati ad essa, si può  trovare anche sotto rapporti sfavorevoli uno spazio per l'attività. Lei sa forse dalle nostri  prime conversazioni che il mio motto per tutta la vita è una piccola modificazione della  celebre frase di Zola al tempo dell'affare Dreyfus: 'La verité est lentament en marche  et à la fin des fins rien ne l'arrétera.”[30] 

La prospettiva ontologica e metafisica permette a Lukacs di comprendere nella  loro intimita e, allo stesso tempo, con chiarezza le contraddizioni della propria realta  storica. Sulla base di questa compreensione si possono fondare le leggi del futuro  sviluppo storico e si può nuovamente ritornare a parlare, ma in senso forte, di liberta.  La lezione del Lukacs metafisico è la stessa di quella di Aristotele, che spiega con  precisione qual'é il rapporto tra metafisica e liberta: *E chiaro che noi ci dedichiamo  a tale indagine senza mirare ad alcun bisogno che ad essa sia estraneo, ma come  chiamiamo libero un uomo che vive per se e non per un altro, cosi anche consideriamo  tale scienza come la sola che sia libera, giacché essa soltanto esiste di per se."[31] Se  un individuo è libero potra parlare di liberta. Se un filosofo & ancora capace di leggere  dentro la storia, nonostante le tragedie di essa, allora rimane la speranza di ritornare  a sentire parlare di liberta e ciò non è mai un semplice esercizio di parole. 

 

INFRANCA, A. A herança clássica da categoria do trabalho no pensamento do último Lukács.  Trans/Form/Ação, São Paulo, v. 15, p. 53-64, 1992. 

 

® RESUMO:  Interessado em examinar as relações entre Lukács e a filosofia clássica, o presente ensaio  procura demonstrar que o filósofo hungaro (1885-1971) encontrou na categoria do trabalho uma síntese entre sujeito e objeto, ficando assim em condições de repropor algumas das questões fundamentais da  filosofia: o papel do filósofo na sociedade, a relação entre filosofia e política, a definição de uma nova  ética. Esquecidas por boa parte da filosofia contemporânea, tais questões retornam hoje ao centro do debate filosófico, impelindo os filósofos a refletir sobre o fundamento do próprio pensamento e da  realidade histórica em que vivem. E é a partir delas que o ensaio pretende interpretar a categoria  lukacsiana do trabalho. 

= UNITERMOS: Filosofia Clássica; categoria do trabalho; sujeito e objeto; política; ética. 

 

 

 



[1] 1. Antonino Infranca è professor de Filosofia em Roma e pesquisador de Histéria das Idéias Filosoficas junto a  Universidade de Palermo, Itàlia.

[2] 2. La frase & dello stesso Lukàcs e siriferisce ad Emest Bloch Lukacs ricorda con queste parole l'influsso della filosofia di Bloch su di lui: “‘adesso incontravo in Blochil fenomeno che qualcuno filosofava come se lintera filosofia odierna non esistesse, che era possibile filosofare al modo di Aristotele o di Hegel” (G. Luckacs, Pensiero vissuto, a cura di A. Scarponi, Roma, 1983, p. 27).

[3] 3. G. Lukacs, Ontologia dellessere sociale, tr. it. A. Scarponi, v. II, Roma, 1981, p. 14.

[4] 4. Idem.

[5] 5. G. Hegel, Scienza della Logica, tr. it. C. Moni, riv. C. Cesa, Bari, 1975, p. 52.

[6] 6. Cf. G. Lukacs, L'uomo e la democrazia, tr. it. A. Scarponi, Roma, 1987, p. 42.

[7] 7. La frase di Lukacs è tratta da un'intervista in Franco Ferrarotti, Colloquio con Lukécs, Milano, 1975, p. 15.

[8] 8.N. Tertulian, *Teleologia e causalita nell'ontologia di Lukàcs’’, in Critica marxista, fasc. 5, 1980, Roma, p. 90.

[9] 9. Aristotele, Metafisica, Libro D, 1, 1003a-20, tr. it. A. Russo, Bari, 1971.

[10] 10. G. Lukacs, Conversazioni con W. Abendroth, H.H. Holz L. Kofler, tr. it. C. Pianciola, Bari, 1968, p. 17. 

[11] 11.1 Kant, Metafisica del costumi, tr. it. G. Vidari, riv. N. Merker, Bari, 1989, p. 221.

[12] 12. G. Lukacs, Ontologia dellessere sociale, cit., p. 19.

[13] 13. Ibidem, p. 55-56.

[14] 14. Karl Marx, Il Capitale, tr. it D. Cantimori, Torino, 1975, p. 376.

[15] 15. G. Lukacs, Ontologia dell‘essere sociale, cit., p. 51.

[16] 16. G. Lukacs, Ontologia dell'essere sociale, a cura di A. Scarponi, v. II, Roma, 1981, p. 79.

[17] 17. G. Lukàcs, Il giovane Hegel e i problemi della societd capitalista, r. it. R. Solmi, Torino, 1975, p. 757.

[18] Questi appunti consistono di 39 fogli manoscritti, utilizzati da Lukàcs come schede nella lettura della Fenomenologia.

[19] Il passo della Fenomenologia qui citato è rintracciabile nella tr. it. di E De Negri, Firenze, 1976, vol. II, p. 251.

[20] 20. G. Lukàcs, Il giovane Hegel e i problemi della società capitalista, cit., p. 671.

[21] 21.G. Lukécs, Prefazione a Storia e coscienza di classe, 1. it. G. Piana, Milano, 1978, p. XXVIII.

[22] 22. Per un ulteriore approfondimento di questo problema rimando al mio saggio Fenomenologia e ontologia nel ‘marxismo di Lukécs. Dall'Ontologia dell'essere socialea Storia e coscienza di classe in ‘’Giornale di Metafisica”’, 1986, a. VIl (n.s.), Genova, p. 357-370); apparso poi in ungherese col titolo: “A tàrsadalmi lét ontologiàja-tòla Tortenelem és osztalytudat-ig (Fenomenolgia é ontològia mint a lukàcsi marxizmus kontinuitàsàns jegyei)” in MagyarFilozfiai Szemle, tr. ungh. I. Feher, n° 4, 1987, p. 770-781.

[23] 23. G. Lukàcs, Storia e coscienza di classe, cit., p. 2.

[24] 24. G. Lukàcs, Sulla povertà di spirito, a cura di P. Pullega, Bologna, 1981, p. 149.

[25] 25. Th. Mann, ‘’Adesione al socialismo”, in Opere, v. XII, Milano, 1958.

[26] 26. La lettera è conservata presso I'Archivio Lukacs di Budapest. Si ringrazia il direttore dell'Archivio prof. Sziklai per  l’autorizzazione ad usare tutto il materiale inedito.

[27] 27. Cfr. Gy. Mezei, “Lukacs Guorgy filozofiai etikajahoz", Vilagossag, n° 11, november 1985, a. XXVI, Budapest, Doxa, n° 8, 1986, Budapest, p. 157-164.

[28] 28. G. Lukacs, Estetica tr. it. A. Marietti Solmi, Torino, 1970, p. 535-536.

[29] 29. Per comprendere quanto grande fosse la passione di Lukàcs per la politica prima e durante le vicende della rivoluzione del 1956 si veda l'intervista di Mikios Vasarhelyi “Gyorgy thelyi Lukacs nel '56”,a cura di A Infranca, in 1 Ponte, n.4-5, luglio-ottobre 1987, a.XLIII, Firenze, p. 88-95.

[30] 30. La lettera è già citata in A. Infranca, “Lukacs e il domani della democratizzazione' in Marxismo Oggi, n° 4, luglio, 1988.

[31] 31. Aristotele, Metafisica, Libro A, 982 b 15-25.